一份私人的,且“战斗性质”的记忆 ——波利蒂纪念意大利“贫穷艺术”发起者吉尔马诺.切兰(Germano Celant) 。
作者波利蒂是杂志《Flash Art magazine》的创始人。
另一篇的链接:
https://www.sohu.com/a/392362638_99949842
关于“贫穷艺术”另一位中心人物Merz的中文介绍: http://art.china.cn/sheji/2008-04/21/content_2183232.htm


2020年4月30日,Giancarlo Politi作。同一月份,切兰因新冠病逝于米兰。nolix翻译。
原文链接: https://www.facebook.com/FlashArtItalia/posts/2643086392639338
Politi的另一篇: https://artslife.com/2020/05/27/addio-comandante-giancarlo-politi-ricorda-germano-celant/
在都灵,我参加了贫穷艺术(Arte Povera)诞生前的第一次序曲式的会议。是的,那是1967年初,在都灵的大收藏家列维(Marcello Levi)租下的一个大空间(DAP,Depositito Arte Presente)里头。
列维在那儿收藏了Giovanni Anselmo(1934年出生于 Borgofranco )、 Alighiero Boetti、Pier Paolo Calzolari(1943年出生于博洛尼亚)、 Mario Merz(1925年出生于米兰)、 Giuseppe Penone( 1944年出生于Garessio ), Michelangelo Pistoletto(1933年出生于Biela)、 Gilberto Zorio(1944年出生于 Andorno Micca )、Ugo Nespolo(1941年出生于Mosso)、 Gianni Piacentino(1945年出生于 Coazze)和 Piero Gilardi(1942年出生于都灵)等人的不少作品。
其实,那儿并不像一个展览空间,而更近似一个大篷车台,所谓的”材料“(后来被定义为作品)散落在地上,或贴于墙上。处处皆可呼吸到一种自由与革新的空气,你好像感觉到,自己在于某个小革命的中心位置。


有一天,所有的艺术家们都被喊来 ,聚在一起,除了我之外,还包括Gian Enzo Sperone(挹注: Sperone在卢加诺也开设有画廊 )和Tucci Russo( 1975 年他在都灵也开设有画廊)等。随后,我们瞧见了从热那亚过来的吉尔马诺.切兰(Germano Celant),他们都身着黑色的衣服。
切兰在会议中发言了。他对这些艺术家们的要求大体是这样的:
“在我们之间,必须建立一种军事政权关系。未经大家同意,谁也不能做展览,如果没有得到大家的认可,谁也不能独自决定在博物馆或画廊展出。所有人都同意之前,不准确擅自地去卖出任何一件作品"。
此刻,切兰相当于就在说“指挥棒在我身上”(他没有说出来这么一句,但我感觉这意思很清楚不过)。
当然,需要多少提一些当时的情况背景。国际军事方面,是有一位参照者的——越南将军 武元甲 (Võ Nguyên Giáp,越南共产党和人民军的主要缔造者和领导人之一),作为一个伟大的游击战略家,人们将其称作“红色拿破仑将军”可能并不过分。确切地说他在游击队方面最擅长。起码,在“贫穷艺术”的阵地,1967年11月-12月 刊的《Flash Art 》杂志中就是这么明确地认为的:他先是扫除了在越的法国殖民军,而后又打败了美军。(注释:)所有在场的艺术家们都表示出了听从他的提议的态度(即集体决议画作的销售和办展)。那些不认可的人被开除出团。
“敌人集中了就会失去阵地,分散了就会失去力量。”武元甲将军的这一句格言,成为1972年在文献展上展出的Mario Merz的作品的主题,它同时也是集团的一种格言。
后来,切兰想要的军事化严谨态度持续了很久,直到一些艺术家(佩诺内、皮斯托雷托、博埃蒂)不再打算比将他们组合在一起的领袖还要强大。这个群体有时会焕然一新,但从未解体过。切兰的话语总是拥有有一种巨大的力量,而我至今还在惊讶,一个伟大的热那亚艺术评论家究竟是如何做到这一点的:将一群 永远激动、狂怒与桀骜的人握在手中的呢?
再见了!吉尔马诺 !那么,未来你的话语的黄金时代还会到来吗?犹如给那些艺术家们的福音?
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原文部分:
Se il nemico si concentra perde terreno, se si disperde perde forza.
A Torino ho partecipato alle primissime riunioni che preludevano la nascita del’Arte povera. Si, era agli inizi del 1967 e il grande collezionista torinese Marcello Levi, aveva affittato un grande spazio, DAP, Deposito Arte Presente, dove aveva raccolto opere di Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Mario Merz, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, Ugo Nespolo, Gianni Piacentino, Piero Gilardi. Non assomigliava ad uno spazio espositivo ma ad un caravanserraglio, con materiali (poi definiti opere) sparsi sul pavimento o attaccati alle pareti. Si respirava un’aria di libertà e di rinnovamento che ti faceva sentire al centro di una piccola rivoluzione.
Un giorno con tutti gli artisti riuniti, oltre al sottoscritto, Gian Enzo Sperone, Tucci Russo, arrivò da Genova Germano Celant, tutto di nero vestito. Al centro del conclave, prese la parola e rivolto agli artisti: “tra noi dobbiamo stabilire un rapporto da regime militare. Nessuno di voi potrà realizzare una mostra senza il consenso di tutti gli altri, nessuno potrà decidere di esporre in un museo o galleria se non avallato da tutti. Nessuno potrà vendere un’opera se non saremo tutti d’accordo”. Il bastone del comando resta a me (questo non lo disse ma lo fece capire).
Il riferimento militare del momento era il generale vietnamita Giap, il Napoleone Rosso, grande stratega della guerriglia (Appunti per una guerriglia, si chiamava il manifesto dell’Arte povera pubblicato in Flash Art Novembre–Dicembre 1967) che sconfisse prima l’esercito coloniale francese e poi le truppe americane. Tutti gli artisti presenti aderirono alle proposte di Germano Celant ubbidendo. E chi non obbedì fu espulso dal gruppo.
Se il nemico si concentra perde terreno, se si disperde perde forza. Questa una massima del generale Giap, diventata un’opera storica di Mario Merz, esposta a Documenta nel 1972 ma anche una sorta di massima del Gruppo.
Il rigore militare voluto da Germano Celant durò a lungo, sino a che alcuni artisti (Penone, Pistoletto, Boetti) non divennero più forti del capo che li aveva messi insieme. Il gruppo talvolta cambiò pelle ma non si disgregò mai.
La parola di Germano aveva sempre un grande potere, mentre io sono ancora sorpreso da come il grande critico genovese sia riuscito a tenere in pugno un gruppo di scalmanati sempre imbizzarriti.
Ciao Germano. Sarà ancora la tua parola dei tempi d’oro, Vangelo per gli artisti?
